Formaggi italiani da record (anche in Francia): export a 5 miliardi. E il Provolone fa volare l'esportazione in Cina

Giovanni Guarneri, Confcooperative: "Fatto di rilevo perché si associa anche ad un aumento di valore"

L'immagine della campagna Think Milk
di Alessandra Camilletti
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Mercoledì 3 Aprile 2024, 14:09 - Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 14:13

Già il dato è da record: l’export di latte e derivati ha superato nel 2023 i 5 miliardi di euro di valore: 5 miliardi 470 milioni e oltre, per essere più precisi.

Un saldo positivo di 450 milioni di euro rispetto all’import. Il grosso arriva da formaggi e latticini, che fanno oltre 4,9 miliardi di euro, con un saldo positivo pari al 19%. Ma non è solo questo. «L’export cresce in modo graduale e costante da anni. Certo le 600mila tonnellate di prodotto esportato nel 2023 sono un record, con un aumento di volume del 5,7% a livello mondiale. Ma il dato è particolarmente importante perché si associa a un incremento di valore: il sistema ha guadagnato quote di mercato internazionale pur con i prezzi in aumento», spiega Giovanni Guarneri, presidente del settore lattiero-caseario di Confcooperative Fedagripesca, che su latte&co ha anche realizzato una campagna, Think Milk, promossa dall’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, e un evento a Roma. «Quando crescono le quote di mercato spesso è perché si utilizza la leva del prezzo più basso. In questo caso non è così. A fare una stima, tra mozzarelle, mascarpone, formaggi duri e gli altri Dop, parliamo di oltre 8 euro al chilo, il doppio del prezzo del mercato mondiale, che è tra i 4 e i 4,5 euro. Un risultato di grandissimo valore».

IL SETTORE

Il quadro di riferimento complessivo del lattiero-caseario parla di 13 milioni di tonnellate di latte prodotti ogni anno in Italia, con un’autosufficienza del 90%. Si contano 24mila stalle, 56 formaggi Dop. Il mondo cooperativo – riepiloga Guarneri – ha 700 imprese, 17mila allevatori e 15mila addetti, che raccolgono il 70% del latte prodotto nel Paese per il 45% di fatturato. Quantità ma pure valore, che per i formaggi cresce dell’11,6% nel mondo e del 13,3 in Europa. Il valore aggiunto italiano? «Ci è riconosciuto un gradimento estremamente elevato, siamo considerati un modello – dice il presidente – Ci inseriamo nel macro trend della cucina italiana, di cui siamo un pezzo importante come anche i salumi e il vino. Nell’agroalimentare l’export ha superato i 50 miliardi di euro e noi rappresentiamo 5 miliardi». Dall’Italia nel mondo. A veicolare i prodotti – oltre all’italianità – anche atout particolari. «C’è il ruolo che giocano le Indicazioni geografiche, per esempio, che raccolgono i frutti degli investimenti che i Consorzi di tutela fanno, come Grana Padano e Parmigiano Reggiano, e che fanno anche i più piccoli ma importanti Pecorino, Gorgonzola, Asiago e Provolone Valpadana in cofinanziamento con risorse comunitarie», spiega Guarneri.

Poi ci sono gli accordi bilaterali della Ue con i Paesi terzi, «Canada in particolare e Giappone, che vanno rinnovati e su cui è necessario porre l’attenzione. E ci sono situazioni in progress come l’Australia e il difficile Mercosur». Inoltre, «essendo i nostri prodotti interessanti e vedendo quote di mercato crescere, importanti gruppi alimentari italiani veicolano i nostri prodotti e li hanno nei portafogli. Un’ulteriore valutazione riguarda la cooperazione: abbiamo visto le nostre imprese riorganizzarsi e trovare accordi di collaborazione».

Giovanni Guarneri, presidente del settore lattiero-caseario di Confcooperative Fedagripesca 

LE TENDENZE

 Che cosa va di più? A trainare l’export a livello mondiale, nei primi undici mesi del 2023, a volume, sono le mozzarelle, gli altri freschi, i grattugiati, e Grana e Parmigiano, che registrano rispettivamente 3,9%, +11,7%, +7,1% e +6,1%, ricostruisce l’analisi di Confcooperative su dati Istat. È stato un anno di transizione per alcune categorie come Provolone e Asiago che hanno registrato cali di -10% e -8,7% a volume e crescite a valore di +1,3% e +5,4%. In termini di valori, si registrano variazioni di crescita in tutte le categorie, in particolare negli altri freschi (+19,5%), nei grattugiati (+15,1%) e nel gorgonzola (+15,1%). Proprio grazie al Provolone, però, vola l’export verso la Cina: nel complesso, cresce del +18,3% in volume e del 28,3 in valore (a tutto il 2023 rispetto al 2022); nel particolare la richiesta del prodotto specifico è salita del 155,5% (+232,9% in termini di valore), del 36,5% quella dell’Asiago, del 50,8% quella del Gorgonzola, del 40,7 quella di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. In direzione Stati Uniti, l’esportazione di provolone è cresciuta del 23,7% (+34,3% in valore). A conquistare il Giappone sono invece Asiago e simili: +226,7% l’esportazione italiana in volume, corrispondente a un +270,6% in valore. Verso la Svizzera, cresce del 22,6% l’export del pecorino, nel Regno Unito dell’8,1 il gorgonzola. Sempre in termini di volume, le esportazioni crescono del 6,8% verso la Francia, dell’8,9 per la Germania, del 7,9 per i Paesi Bassi e del 30,5% per la Polonia che registra una «repentina ripresa». In Germania vanno forti le mozzarelle (+24,2%), in Polonia l’incremento è generalizzato e sta sopra il 30% per mozzarelle, grattugiati e Grana Padano e Parmigiano Reggiano e sopra il 40% per gli altri freschi. In Francia – a sua volta maestra dei formaggi – a tirare di più sono freschi e grattugiati. «In Paesi importanti, dalla grande cultura lattiero casearia, i formaggi italiani sono a maggior ragione apprezzati per il loro grande valore – sottolinea Guarneri – Proprio perché sono Paesi “maturi” riusciamo a essere presenti nei canali di grande distribuzione, raggiungendo direttamente il consumatore. Questo avviene molto in Francia, ma anche in Germania, in Grecia e in Europa in generale. Poi ci sono Paesi dove i nostri prodotti arrivano attraverso la ristorazione di alto livello, che li veicola. In Cina, per esempio, nel Far East. Anche la Corea ha grandi possibilità di sviluppo». E c’è un ulteriore elemento, a ricordare quell’ingegno tutto italiano. «È il servizio – dice Giovanni Guarneri – La categoria dei formaggi grattugiati cresce perché in quel prodotto c’è una componente di servizio importantissima: è già pronto, il suo utilizzo è più facile sia per il consumatore sia per il ristoratore. Anche in questo le imprese italiane si sono strutturate con alti livelli di qualità».

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