Mosca nazionalizza Ariston, si muovono governo e Ue. Merloni: «Noi amareggiati»

Domani l’ambasciatore russo alla Farnesina. Tajani e Urso: tuteleremo l’azienda italiana

Lo stabilimento russo di Ariston Thermo Vsevolozhsk, a 20 chilometri da San Pietroburgo
di Francesco Pacifico
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Domenica 28 Aprile 2024, 11:31 - Ultimo aggiornamento: 29 Aprile, 17:31

A 24 ore dalla mossa di Vladimir Putin di nazionalizzare (per quanto «temporaneamente») le attività di Ariston in Russia, il presidente Paolo Merloni si dice «amareggiato» e «sorpreso». La multinazionale di Fabriano, che nei pressi di San Pietroburgo possiede uno stabilimento per la produzione di scalda acqua, ha scoperto dai media europei la decisione del Cremlino. «Non siamo stati informati preventivamente». Venerdì sera, con un decreto firmato dallo stesso presidente per colpire i “Paesi ostili”, Putin ha trasferito gli asset di Ariston (il 100 per cento di Ariston Thermo Rus LLC) e della tedesca Bosch «in gestione temporanea» a JSC Gazprom Household Systems, controllata del colosso dell’energia che produce elettrodomestici.

L’AFFRONTO

La scelta ha il sapore della ritorsione: sia contro Roma da sempre alleato di Kiev sia, soprattutto, contro l’accelerazione del G7 (ora a guida italiana) di ampliare le sanzioni e di girare all’Ucraina i 300 miliardi di dollari di beni sequestrati a imprenditori di Mosca. «Hanno scelto - spiegano manager del settore - un marchio noto al popolo russo: a fine degli anni ’90 controllava il 60 per cento del mercato degli elettrodomestici». Per tutto questo la Farnesina ha avviato le mosse diplomatiche del caso: il ministro Antonio Tajani ha convocato l’ambasciatore russo in Italia, Alexey Paramonov (lo vedrà domani il segretario generale Riccardo Guariglia). «Il governo chiede chiarimenti sulla nazionalizzazione». Ma ha aperto un asse con i vertici della Germania e della Commissione europea per portare avanti una risposta comune. E da Bruxelles, il Servizio di Azione esterna della Ue ha accusato Mosca di «disprezzare il diritto e le regole internazionali».

Alessandro Bertoldi, direttore esecutivo dell'Istituto Milton Friedman, nota che «dopo il congelamento dei beni delle aziende russe in Europa, Mosca risponde nazionalizzando imprese europee. Una mossa che minaccia aziende, lavoratori e il libero mercato». 

Parallelamente il ministro dell’Impresa, Adolfo Urso, ha espresso la solidarietà dell’esecutivo in una telefonata con Paolo Merloni e incontrando il governatore delle Marche, Francesco Acquaroli: «Faremo sicuramente tutto quello che è nelle nostre disponibilità». Urso e Merloni si sarebbero soffermati anche sui contorni dell’atto di nazionalizzazione (tra l’altro non appellabile): per quanto temporaneo, non si sa se impone un trasferimento dell’asset, il congelamento della governance o una vera e propria confisca.

A Fabriano, dove l’industria del bianco sconta la crisi dell’altro storico marchio Indesit, la notizia ha creato sconcerto.

Paolo Merloni poi è figlio di Francesco, ex ministro dei Lavori pubblici e soprattutto imprenditore che con il fratello Vittorio - già presidente di Confindustria - è stato tra i pionieri degli industriali italiani che hanno investito Russia. Anche per questo sottolinea: «Da quasi 30 anni Ariston Group opera nella Federazione Russa, da quasi 20 con una fabbrica pensata e realizzata per servire il mercato residenziale locale. L’iniziativa ci amareggia molto, e siamo al lavoro con esperti ed autorità per comprendere il da farsi». Per poi aggiungere: «A suo tempo, la scelta di rimanere nella Federazione (cioè dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino) era stata dettata proprio dalla necessità di tutelare i nostri investimenti e le centinaia di nostre persone, da sempre legate al nostro gruppo e ai nostri valori».

IL SITO

Nel 2005 Ariston ha insediato a Vsevolozhsk, a 20 chilometri da San Pietroburgo, uno stabilimento per la produzione di scalda acqua per il mercato russo, che oggi dà lavoro a 200 persone. Nel 2017 Fabriano ha rilanciato, allestendo anche un parco per la logistica, necessario a distribuire prodotti in tutta l’area. A Mosca, poi, lavorano altri 100 addetti per la rete commerciale. Prima della guerra russo ucraino, la Russia valeva tra il 3 e il 5 per cento nella geografia di Ariston, multinazionale che con i suoi condensatori e bruciatori di nuova generazione, ha chiuso il 2023 con ricavi netti a 3 miliardi di euro, in crescita del 30,0 per cento rispetto all’anno precedente.

Finora Mosca ha nazionalizzato 180 sedi di aziende estere, ma mai aveva posto il controllo sotto un player industriale come Gazprom. All’avvio del conflitto, Fabriano ha deciso di restare - per motivi strategici quanto affettivi - nel Paese, ma per non incorrere nelle sanzioni ha messo in campo una serie di misure: il peso della controllata (che nel 2023 avrebbe un giro d’affari da 100 milioni) è stato eliminato dal bilancio consolidato, anche con una diversa contabilità. I dipendenti, come i manager, sono tutti russi e sono stati congelati gli investimenti (tranne quelli per la sicurezza). Spiega un ex manager: «Rispetto a quello che c’è in produzione a livello globale, in Russia si produce uno scalda acqua obsoleto, anche se molto richiesto. Ma non sono più i tempi di Francesco e Vittorio, che a Mosca erano di casa e parlavano direttamente con i vertici del Paese».

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