Isola del Liri, campi devastati dai cinghiali: imprenditore: "Chiudo l'azienda"

I terreni sono a poche decine di metri, da dove nel mese di agosto fu attaccata da tre ungulati una donna di 80 anni

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Domenica 8 Ottobre 2023, 06:30

«Lascio, chiudo l’attività impossibile continuare, penso di essere una risorsa per questo territorio, cerco solidarietà non polemica». Lo sfogo arriva da Michele Tommaso Fortunato, archeologo di quarantacinque anni, ma di professione agricoltore, che da mesi combatte contro i cinghiali. «Difendo i miei diritti, sono maggiormente esposto con la mia attività, ma il problema qui è di tutta la comunità». I suoi terreni e la sua abitazione sono a poche decine di metri da dove nel mese di agosto fu attaccata da tre cinghiali una donna di 80 anni, nella contrada di Capitino, la collina che sovrasta Isola del Liri. L’emergenza è reale, la gente della zona al calar della sera non esce più di casa o sui propri terreni, i cinghiali si sono impossessati del territorio. Michele Fortunato, solo di nome, ha i terreni devastati, fresati dai musi insaziabili degli animali.

LO SFOGO

«Coltivare la terra è l’unica attività reddituale che ho e voglio rimarcarlo, perché vivo di questo, non lavoro anche in fabbrica o in ufficio, per cui la terra è non è un passatempo, è il mio lavoro». Madre isolana, padre lucano, la passione per la terra gli viene trasmessa dai nonni prima, dal padre poi in Basilicata: «Della terra conosco ogni segreto, ho sperimentato le consociazioni (mettere vicino piante di specie diverse che si aiutano nella crescita, esempio porro-insalata, porro-zucchine, fagioli-pomodori). Sono sempre stato molto curioso e questo mi porta ad aggiornarmi costantemente sulle metodiche agronomiche. Ho iniziato l’attività scegliendo la terra di mia madre perché vedevo Isola del Liri come la terra “promessa”, un luogo dove il fare avrebbe premiato lo sforzo. Tanto che ho iniziato con l’ autofinanziamento, non ho preso un euro da nessun bando pubblico, questo la dice lunga sulla mia volontà e determinazione». I cinghiali, però, lo hanno messo in ginocchio. «Quando c’è un problema - dice - si pensa a come risolverlo e cosa fare, seguendo la catena di comando partendo dall’ente locale amministrazione comunale, poi la Provincia e la Regione. Questo l’iter almeno uno crede che sia così, per logica però nella realtà dei fatti in questi mesi mi sono sentito solo, anzi abbandonato. Oggi purtroppo ho deciso di buttare la spugna non posso continuare a coltivare e non raccogliere nulla, io ci campo con questo e non credo che ci siano più le condizioni per farlo. Ho della terra in Basilicata in provincia di Matera che si affaccia sul golfo di Taranto coltivato ad aranci, limoni, mandarini, ulivi. Chiudo tutto e mi trasferisco giù, non perché li non ci sono i cinghiali, ma lì qualcuno ti ascolta».

Michele conclude amaramente: «Non voglio peccare di presunzione, ma questa mia azienda dovrebbe essere un punto di riferimento per chi vuole iniziare a coltivare, per i giovani che vogliono reinventarsi, un associazionismo di idee per far ripartire dalla terra questo territorio, ma da soli non si va da nessuna parte, la volontà non basta».

Gianpiero Pizzuti 

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