Aids, primo caso di regressione del virus: una ragazza non si cura da 12 anni

Aids, primo caso di regressione del virus: una ragazza non si cura da 12 anni
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Martedì 21 Luglio 2015, 14:08 - Ultimo aggiornamento: 24 Luglio, 19:04
Non ha un volto e nemmeno un nome. Ma tutti già parlano di lei definendola un caso «unico al mondo», «inedito», «eccezionale», che «riaccende le speranze» in materia di lotta all'Aids. Contagiata dal virus dell'Hiv quando era ancora nel grembo della mamma sieropositiva, una ragazza francese di 18 anni non presenta più tracce del virus da ben 12 anni.

Appena nata, l'allora bebè venne subito sottoposto a trattamenti antiretrovirali e questo senza interruzione per i primi sei anni di vita. Ebbene, dallo stop definitivo della terapia, dodici anni fa, nel suo sangue non sono state più riscontrate tracce del Hiv. «Non è considerata ancora guarita, ma è in buona salute pur non prendendo più i farmaci», ha affermato Asier Saez-Cirion dell'Istituto Pasteur di Parigi, che ha presentato il caso all'International Aids Society di Vancouver. Si tratta della prima paziente sieropositiva - evidenzia l'Istituto in una nota - che è in remissione dalla malattia per un periodo di tempo così lungo. «Non sappiamo ancora il motivo per cui questa ragazza è in grado di controllare l'infezione», aggiungono gli esperti parigini.

Per Jean-Francois Delfraissy, direttore dell'ANRS, l'Agenzia Nazionale Francese per la Ricerca sull'Aids, si «tratta di un fatto clinico importante che apre nuove prospettive di ricerca». Ma la remissione del virus non va assimilata a una guarigione. «La ragazza - avverte l'esperto - resta contagiata dall'Hiv ed è impossibile prevedere l'evoluzione del suo stato di salute», anche se a suo avviso ciò deve indurre i medici a somministrare «trattamenti antiretrovirali per tutti i bèbè nati da madri sieropositive il più presto possibile dopo la nascita». La remissione dopo lo stop di un trattamento non è una novità. Risale ad appena pochi anni fà il cosiddetto caso del 'Bebè del Mississipì, descritto dal New England Journal of Medicine. Nel marzo 2013, una equipe statunitense annunciò che i test effettuati su una bimba infetta dalla nascita (nel 2010) e trattata subito dopo con gli antiretrovirali non presentava più alcun livello visibile di Hiv, anche molti mesi dopo l'interruzione della terapia. L'entusiasmo si spezzò un anno dopo, quando, nel luglio 2014, dopo due anni di effettiva remissione, i medici dovettero arrendersi all'evidenza: la carica virale era nuovamente ben presente nel sangue della bambina.

L'equipe medica fu dunque costretta a riprendere i trattamenti. «Scientificamente ciò ci ricorda che abbiamo ancora molto da imparare dalle sottigliezze dell'Hiv e sul modo in cui esso si nasconde nel corpo», disse all'epoca Anthony Fauci, direttore dell'Istituto nazionale Usa per le allergie e le malattie infettive. Nel caso francese non è dunque la remissione del virus ad essere una novità. Quanto piuttosto l'incredibile durata di dodici anni. «Ciò che è nuovo è che essa si sia manifestata sul lungo termine. Il bèbè del Mississipi era stato trattato solo per qualche mese. Qui invece la terapia è andata avanti per sei anni», osserva il professor Jean-Daniel Lelièvre, capo dipartimento di ricerca clinica al "Vaccine research institute", citato dall'Express.fr. E se la soluzione fosse dunque assumere il trattamento al più presto possibile e sufficientemente a lungo affinchè il malato possa «spontaneamente controllare la malattia»? L'interrogativo è d'obbligo.

Ma una generazione senza il virus dell'Hiv «non è un'utopia», assicura Lelièvre, secondo cui «ciò non dipende solo dalle prospettive di un vaccino».
Ma anche dal fatto che esistono «sempre più mezzi per bloccare lo sviluppo del virus e prevenire l'infezione». «I trattamenti antiretrovirali sono sempre più efficaci e possono essere utilizzati come profilassi. Ciò che ci fa sperare in una generazione no Aids», conclude l'esperto.
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