La vera Ostia alza la voce: «Non siamo tutti Spada»

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di Mirko Polisano
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Giovedì 9 Maggio 2024, 07:00

«Non siamo tutti così, non c’è solo violenza da queste parti». La voce di un genitore davanti alla scuola dove una maestra è stata picchiata dalla moglie di uno Spada è il sentimento che più trapela tra i residenti di piazza Gasparri, il feudo del clan sinti e che, puntualmente, torna alle cronache. Un posto, Ostia Nuova, dove non ci capiti per caso ma devi andarci appositamente. E da queste parti, in poco scelgono di venire. «Le persone perbene ci sono e non mancano di far sentire la propria voce - dice Emanuela del comitato cittadino - qui c’è tanta voglia di riscatto e di non arrendersi davanti alle difficoltà. Gente che si alza all’alba per andare a lavorare e mantenere la famiglia con decoro ed educazione».

LA TESTATA

Il quartiere è lo stesso dove un altro Spada - Roberto - prese a testate e manganellate la troupe Rai. Oggi, la palestra è chiusa. Intorno, il solito degrado che fa capire che qui poco o nulla è cambiato. O cambierà mai. «Il vecchio skate park - racconta Ruggero, seduto a uno dei bar di viale del Sommergibile - è ancora lì, tra carcasse bruciate e ferri arrugginiti. Per anni, ricovero di sbandati e senza fissa dimora. Neanche per l’arrivo del Presidente è stata effettuata una bonifica». Lo Stato continua a fare la sua parte: solo un mese la visita di Sergio Mattarella a testimoniare la presenza delle istituzione in questo quadrante della Capitale. E poi, l’impegno continuo delle forze dell’ordine con i blitz di carabinieri e polizia. I controlli a tappeto, gli elicotteri all’alba, i lampeggianti in strada. «Ostia Nuova non è più il “bunker” impenetrabile che era fino a pochi anni fa. Ma c’è ancora molto da fare». Un quartiere anomalo che quasi non sembra essere una zona della Capitale.

Grande e popoloso ma che non ha nemmeno una chiesa vera. Anzi, c’è. Ma è in un negozio. Con tanto di saracinesche. Le parabole al di fuori dei palazzoni popolari parlano di mondi lontani e di calcio. Le scritte sui muri “tifano” sempre Roma e Lazio e poi spunta - di tanto in tanto - qualche tomba per ricordare qualche morto ammazzato. Qualche figlio della droga che se n’è andato o per un’overdose o per «è stato fatto suicidare». Perché quando qualcuno fa uno «sgarro» non la si fa passare liscia e non sempre bisogna concedersi a omicidi eccellenti. Basta una “partita” tagliata male e il gioco è fatto. «Non vogliamo essere raccontati così - aggiunge Franco, che fino a pochi anni fa gestiva un negozio di alimentari in zona - perché purtroppo nel cesto non ci sono mele marce, ci sono anche buoni frutti». Famiglie e scuola restano i pilastri su cui costruire il futuro dei giovani. «Quello che è accaduto davanti alla scuola è un atto di violenza inaudita - aggiunge un papà che aspetta il suo piccolo che esce dall’oratorio - mio figlio va in quella stessa scuola e da giorni non si parla d’altro. Però va ricordato il lavoro prezioso che svolgono gli insegnanti che lavorano in questi istituti di frontiera. Sono in prima linea e a volte non riescono nemmeno a svolgere la propria funzione di educatori. Che generazione futura avremo così?». Di bambini che giocano in strada non se ne vedono nemmeno nel vicino parco. Abbandonato anch’esso. Però a pochi passi c’è il mare. E qui è la zona dove il mare è libero e si vede più di ogni altra parte. Il sole va a morire dietro le “case rosse”. Un panorama mozzafiato. Questa è Ostia. E lo sarà sempre.

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