Quel matto di un Mago rilancia la Lazio. Non vuole più euro di stipendio, ma può regalare una ventina di milioni (della Uefa) a Lotito per il prossimo anno. Perché ora l'Europa è tutt'altro che un miraggio, con l’exploit italiano nelle Coppe, anche se il sesto posto è solo provvisorio. Era scritto che proprio Luis Alberto firmasse il gol decisivo, dopo lo sfogo e le parole d'addio, senza la fascia da capitano, ovviamente come minimo castigo. Non sarà un esempio di disciplina e virtù, ma lo spagnolo rimane il leader tecnico di una squadra che ancora fatica a trovare lo specchio (appena un tiro, un centro), ma mostra un altro spirito. È quello di Tudor, combattivo, fisico, determinato. Adesso comincia a intravedersi anche un altro calcio, con un risultato sì striminzito (1-0), ma blindato col massimo orgoglio.
Le idee prendono forma e forza, si consolidano piano piano, ci vuole tempo. Intanto ecco, per la prima volta, la stessa formazione in due gare - ovvero due successi - di seguito. Confermato l'undici che venerdì scorso ha battuto la Salernitana all'Olimpico. Stavolta Marusic ha la fascia da capitano al braccio. Gilardino conferma il suo 3-5-2 offensivo, ma risente dell'assenza di Badelj in mezzo: non c’è rapidità, manca la pulizia del gioco. La Lazio aggredisce subito uomo a uomo e cerca invano le verticalizzazioni per un Castellanos impacciato e pauroso: emblematico un tocco all'indietro nell'unica sua occasione-gol. Ekuban invece, dopo 5', salta Gila e sfodera un siluro a fil di palo. Retegui fa un gran lavoro di spalle, conferma di esser il miglior centravanti per Spalletti in vista dell’Europeo, e sfiora l'incrocio dopo un meraviglioso assist di tacco di un intermittente Gudmundsson. I biancocelesti restano alti, puntano a prendere la densità del campo, il possesso col palleggio (al gong è il 61%), ma non riescono ad arrivare mai al tiro. Gila e Felipe ci provano, davvero con poche pretese, da lontano. Lo specchio rimane un miraggio, insieme a un guizzo, a un passaggio decisivo. Luis vaga sulla trequarti spaesato, alla ricerca di un numero, Kamada si limita a fare ordine e filtro.
LA REAZIONE D’ORGOGLIO
Fuori Casale, condizionato da un giallo a inizio incontro. Dentro il redivivo Romagnoli all'intervallo. La Lazio esce dagli spogliatoi con più anima, fiato e fisico. Luis Alberto si accende all'improvviso con un destro piazzato. Il Genoa spaventa solo le rare volte in cui Gudmundsson inserisce il turbo. Le squadre si allungano, le ripartenze fioccano, ma sono troppi gli errori nell'ultimo tocco. Romagnoli svetta invano su un calcio d'angolo. Felipe sta per essere sostituito, ma s'inventa un filtrante geniale per Kamada sul fondo. Il giapponese stavolta è preciso, mette la palla dietro per un mezzo velo di Vecino e il piattone di Luis Alberto. Il Mago centra il quinto gol in questo campionato (il 52°, oltre 76 assist, in 303 gare dal suo sbarco a Formello) e vola sotto il settore Ospiti, occupato da pochi tifosi (trasferta vietata ai residenti nel Lazio), indica e si tocca ripetutamente l'aquila sul petto. Anderson esce comunque subito dopo, si alza Kamada sulla trequarti con l'ingresso di Cataldi a centrocampo. Pedro rileva il fantasma Castellanos al centro dell'attacco. I biancocelesti non tirano né trovano comunque il raddoppio, ma reggono l’urto, sanno soffrire sino in fondo, questo è un altro aspetto positivo. Il carattere e l’anima ritrovati sono fondamentali per non gettare tutto al vento, prima di maggio. Tutto può essere ancora riscritto con 4 vittorie nelle ultime 5 di campionato (pesa il derby perso) e in questa stagione matta almeno quanto il Mago.