Coronavirus, il picco quando arriverà? Garattini: «Ci vorrà tempo, ecco perché»

Coronavirus, Silvio Garattini: «Prevedo almeno 40 mila casi, il picco è ancora lontano soprattutto al centro sud»
di Carla Massi
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Martedì 17 Marzo 2020, 09:12 - Ultimo aggiornamento: 18:04

Coronavirus, la previsione è quella di arrivare, entro sette giorni, ad almeno 40 mila casi. Ne è sicuro Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Che incrocia i dati di oggi, analizza la progressione dei numeri e valuta gli esiti dell’ultima stretta in tutta Italia.

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Professore, ci aiuta a capire questa sua previsione?

«La realtà ci fa da maestra. Credo di essermi anche tenuto basso. Ora, e ancora per una settimana, verranno fatte le diagnosi in persone che non vivevano nella zona rossa come noi gran parte di noi in Lombardia. Persone che si sono infettate in tempi recenti».

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E poi ci sono gli asintomatici?
«Certo, quelli non possiamo contarli ma sono sicuramente un gran numero».
 



Crede che sia necessaria un’ulteriore stretta?
«Manca solo la chiusura dei centri produttivi, delle fabbriche. Ma una decisione del genere sarebbe una catastrofe sotto tutti i punti di vista».

Lei percepisce dei segnali di declino del numero dei contagiati?
«Dobbiamo dividere il Paese in tre zone, Nord, Centro e Sud. E poi seguire l’andamento del virus. In Lombardia non si è ancora arrivati al picco. Poi arriverà al Centro e poi al Sud dove, in termini numerici, si è indietro rispetto all’inizio dell’epidemia di tre-quattro settimane».

A suo avviso dovrebbero essere fatti più tamponi?
«No, assolutamente no. Devono essere mirati, su chi è a rischio e su gli operatori sanitari. Non possiamo permetterci di investire energie e risorse a pioggia. Un tampone vuol dire personale, laboratorio etc...».

L’Oms parla di un allargamento dei casi anche tra i bambini e gli adolescenti. In un primo momento si credeva che fossero al riparo dal contagio, non è così?
«Il numero, fortunatamente, continua ad essere basso. E anche la portata dell’infezione, generalmente, non è preoccupante».

Come per gli over 70?
«Esatto, massima attenzione per loro».

Analizzando il profilo dei pazienti sono emerse nuove peculiarità?
«
Sì, si ammalano più gli uomini delle donne. Il rapporto è di 70 a 30».

Si è scoperto perché?
«Perché le donne hanno generalmente fumato di meno nel passato e questo ora torna a loro vantaggio. La vulnerabilità polmonare dovuta alle sigarette è meno diffusa tra le femmine. Purtroppo ora le giovani generazioni si comportano in un altro modo, lui e lei arriveranno nel futuro a rischiare allo stesso modo. Anche per il cancro».

Ci sono altre terapie che si stanno dimostrando efficaci e veloci contro questo coronavirus?
«Si sta studiando anche un farmaco che venne usato per Ebola. In Cina le ricerche sono in fase avanzata. Poi c’è l’anticorpo che stanno valutando nei laboratori in Olanda. Ma c’è bisogno di tempo, anche per la sperimentazione».

Quindi la prima arma di prevenzione a oggi è ancora l’isolamento?
«Solo questo. Si devono avere meno contatti che si può, tenere le persone a distanza, proteggersi. Nessuno deve sentirsi immune. Ricordo, come ho già detto, che molte persone sono state infettate e possono contagiare anche se non hanno i sintomi classici come la febbre alta e la tosse».

Pensa che la popolazione possa reggere ancora una situazione di questo tipo? Non teme un allentamento della tensione?
«Gli italiani, a parte qualche eccezione, si stanno comportando bene. L’esempio della Lombardia fa capire che la strategia è giusta. Ma dei momenti sono attraversato, è vero, da una paura...».

E qual è?
«Che si pensi che sia tutto passato...Che si ricominci la vita di prima senza avere il via libera dagli organi sanitari. Sarebbe la catastrofe. Spero si capisca, ne va della vita».

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