Coronavirus, Signorelli (San Raffaele): «Va pianificata la fase successiva per scongiurare la seconda ondata»

Coronavirus, Signorelli (San Raffaele): «Va pianificata la fase successiva per scongiurare la seconda ondata»
di Graziella Melina
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Lunedì 30 Marzo 2020, 00:53 - Ultimo aggiornamento: 09:04

«Il trend discendente dei nuovi casi notificati - spiega Carlo Signorelli, ordinario di Igiene dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano - fra qualche giorno dovrebbe portare ad un calo dei decessi». Questo vuol dire che «le misure restrittive decise dal governo stanno funzionando, ma - osserva - bisogna cominciare a pensare anche a come gestire le prossime settimane».

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Intanto gli ultimi dati disponibili sembrano rincuorarci.
«Nell’epicentro epidemico della Lombardia il calo è più evidente, ma complessivamente il problema è ancora lontano dalla sua risoluzione. La Lombardia sconta il fatto che non solo l’epidemia è partita da lì, ma che evidentemente il virus circolava da alcuni giorni, o forse settimane, e quindi ora tutta questa area sta pagando il prezzo più alto. Fortunatamente, l’epidemia non si è diffusa in modo esponenziale a Milano, quindi si è sparsa a est e non a ovest, e questa è stata una fortuna. Sennò la situazione sarebbe stata ancora più drammatica». 

Il numero delle persone da curare sta mettendo a dura prova la vostra rete di cura e di assistenza. 
«La Lombardia ha un sistema regionale di assistenza che si trova ormai sotto congestione. Milano è la città che ha curato più casi. Solo al San Raffaele ne sono stati assistiti oltre seicento».

Siete riusciti anche a mettere in piedi nuovi posti di terapia intensiva in pochi giorni. Come avete fatto?
«C’è stata la combinazione fortunata di una struttura privata che per definizione si muove amministrativamente in modo più agile, una serie di donazioni e soprattutto una struttura con una èquipe che era già di alto livello. È riuscita a dare una risposta importante in tempi relativamente brevi: in 8 giorni si sono ampliati 20 posti in più di terapia intensiva. Però ancora adesso, nonostante il calo dei casi in ospedale, ce n’è ancora bisogno di molti altri. Il dato di domenica riferito alla Lombardia indica che non sono ancora scesi i posti di terapia intensiva».

Cosa ci potremo aspettare nei prossimi giorni?
«Continuando a rispettare le attuali rigide misure di contenimento e mitigazione, il calo dovrebbe continuare nei prossimi giorni, diminuendo anche la congestione negli ospedali che continuano ad essere sotto pressione anche per le lunghe degenze necessarie per guarire i pazienti con Covid 19».

Sarà dunque necessario continuare con queste misure restrittive?
«Dal punto di vista sanitario sicuramente sì. Poi ci sono le considerazioni di natura sociale ed economica che attengono al livello politico-istituzionale».

Cosa potremmo rischiare se si abbassasse la guardia?
«Alcuni Paesi asiatici stanno fronteggiando una “seconda curva epidemica” di Covid-19. In pratica, dopo aver abbassato vistosamente i contagi interni bisogna fare i conti con i possibili contagi di ritorno. Sarà uno scenario da prevenire anche in Italia e negli altri Paesi europei».

C’è il pericolo che il contagio si allarghi al Centro-Sud?
«Al Sud i contagi sono in aumento ma non esponenzialmente come si temeva, e con ciò non c’è una grave emergenza ospedaliera. È opinione comune che questo si sia evitato grazie alle drastiche misure adottate dal Governo il 9 marzo».

Secondo lei quali misure bisognerebbe adottare per i prossimi giorni?
«Nelle prossime settimane bisognerà conciliare le imprescindibili esigenze di sanità pubblica, da mantenere con particolare riguardo al distanziamento sociale, con le esigenze di riapertura di alcune attività, visto che questo lockdown, come detto da più parti, non può durare a lungo. Bisogna quindi fin da ora cominciare a pianificare quella fase».
 

 
 

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