Covid-19, studio canadese: «Cani randagi possibile serbatoio coronavirus». L'Enpa: «Basta gettare ombre su animali»

Coronavirus, lo studio: «Covid19 trasmesso all'uomo dai cani randagi»
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 15 Aprile 2020, 09:25 - Ultimo aggiornamento: 18:42

Dopo il serpente e il pangolino spunta una nuova ipotesi sul possibile animale intermedio da cui il coronavirus ha fatto il salto all'uomo, causando l'epidemia. Si tratterebbe del cane randagio secondo un'ipotesi descritta sulla rivista Molecular Biology and Evolution, è dei ricercatori dell'università di Ottawa, guidati da Xuhua Xia. I virus isolati nei serpenti e pangolini infatti sono troppo diversi dal SarsCov2. Secondo il gruppo di Xia, «l'antenato del nuovo coronavirus e del suo parente più stretto, quello del pipistrello, ha infettato l'intestino dei cani, dove è cambiato rapidamente in modo da fare il salto nella specie umana», spiega Xia. Anche se l'Enpa, citando uno studio condotto dal Gruppo di Ricerca Covid dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, mette in dubbio la veridicità delle sue conclusioni. 

Coronavirus, una volta su 5 colpito anche il cuore: primo caso in Italia in un cardiopatico grave


 


Quando i virus invadono un ospite, il loro genoma spesso riesce ad evadere il suo sistema immunitario cambiando. Gli esseri umani e i mammiferi hanno una proteina sentinella chiave contro i virus, chiamata Zap, capace di fermarli. Attacca alcune molecole dell'Rna virale - dette Cpg -, che funzionano da 'segnapostò per il sistema immunitario, che riesce così a trovare e distruggere il virus. Tuttavia i coronavirus, come il Sars-Cov, possono evitare la proteina Zap riducendo la presenza dei 'segnapostì.

Covid-19: Umbria, Basilicata e Molise verso contagi zero. L'epidemiologo: «Il resto d'Italia dovrà attendere maggio»

In questo studio i ricercatori hanno esaminato i 1252 genomi di coronavirus custoditi nella GenBank, scoprendo il SarsCov2 e il suo parente più stretto, il coronavirus del pipistrello (BatCoV RaTG13), hanno la minor quantità di molecole Cpg rispetto agli altri coronavirus.
Il genoma di un pipistrello trovato nel 2013 nella provincia dello Yunnan, ma sequenziato a Wuahn solo a fine 2019, è risultato essere il parente più stretto del SARS-CoV-2. Esaminando i cani, gli studiosi hanno scoperto che solo i genomi dei coronavirus canini, che hanno causato nel mondo malattie intestinali in questi animali, hanno una carica di molecole Cpg simile a quelle del virus SARS-CoV-2 e del pipistrello BatCoV RaTG13.

 
 

Inoltre il recettore Ace2, usato dal nuovo coronavirus per entrare nella cellula umana, viene prodotto nel sistema digestivo umano. Il che suggerisce, secondo i ricercatori, che il sistema digestivo dei mammiferi sia probabilmente il bersaglio chiave dei coronavirus. «L'abitudine dei cani di leccarsi l'ano e i genitali potrebbe aver facilitato la trasmissione del virus dal sistema digestivo a quello respiratorio», rileva Xia. Secondo i ricercatori quindi il nuovo coronavirus si sarebbe diffuso dai pipistrelli ai cani randagi, che ne avrebbero mangiato la carne. Nell'intestino dei cani è evoluto rapidamente, in modo da sfuggire alla proteina Zap, diventando pericoloso per l'uomo.

Critica l'Enpa: «Ogni giorno ci sono nuove ipotesi scientifiche che coinvolgono
anche cani e gatti e che, seppur sottoscritte, rischiano di gettare ombre e dubbi sugli animali a 360 gradi. Per noi altrettanto autorevole è lo studio condotto dal Gruppo di Ricerca Covid dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, pubblicato sulla rivista dell'Istituto Pasteur di Parigi 'Microbes and Infection' secondo il quale la vicinanza agli animali domestici e ai bovini può aumentare le difese
immunitarie 'naturalì dell'uomo in modo da attenuare i sintomi di una eventuale infezione». L' Enpa ricorda che «lo studio scientifico del Gruppo di Ricerca Covid dell'Università Cattolica del Sacro Cuore rivela che gli animali non rappresentano affatto un pericolo per l'uomo ma al contrario, aiutano l'uomo. Gli animali sono un'incredibile risorsa per noi - afferma Carla Rocchi, residente nazionale Enpa - oggi più che mai dobbiamo rendercene conto e agire di conseguenza senza alimentare psicosi ingiustificate che potrebbero tradursi in colpevoli abbandoni e in episodi di maltrattamento. Serve - conclude Rocchi - una maggiore responsabilità».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA