Ad ammalarsi è una percentuale minima (circa 200 persone l'anno) delle migliaia e migliaia di 'carrier' mentre nella stragrande maggioranza dei casi le persone si autoimmunizzano. Ad aver bisogno di un vaccino sono invece soprattutto bambini o ragazzi, che hanno un sistema immunitario in formazione e fanno un tipo di vita sociale intensa in cui è favorito lo scambio di batteri. Per questo, il Calendario Vaccinale raccomanda che i bambini vengano vaccinati per il meningococco B nel corso del primo anno di vita (3 dosi nei primi sei mesi di vita e un richiamo al 13/mo mese), mentre la vaccinazione anti-meningococco C (spesso somministrato come quadrivalente insieme a A, W135 e Y) è fortemente raccomandata nei bimbi che hanno compiuto un anno (con un richiamo da adolescenti), e tra i 12 e i 18 anni.
Tra gli adulti, invece, a essere a rischio di malattia menigococcica invasiva e dunque a necessitare il vaccino, prosegue Galli, «sono persone portatrici di rari assetti genetici che comportano riduzione di alcune risposte immunitarie e persone con alcune malattie, come coloro a cui è stata asportata la milza, pazienti con talassemia, anemia falciforme, le persone con epatopatie gravi, diabete giovanile o insufficienza renale».
Ci sono poi, conclude l'esperto, altre categorie a cui sarebbe consigliabile il vaccino, ovvero «i professori e gli operatori sanitari, perché lavorano a stretto contatto con contesti in cui il batterio si diffonde di più, e chi viaggia nell'area Sub Sahariana, la cosiddetta Meningitis Belt, perché caratterizzata da maggior frequenza di infezioni menigocciche».
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