Gaza, tregua bloccata: Israele chiude all'accordo. Razzi dal Libano. E Biden blocca l’invio di armi

La delegazione di Hamas ha incontrato i mediatori egiziani e qatarini

Gaza, tregua bloccata: Israele chiude all'accordo. Razzi dal Libano. E Biden blocca l’invio di armi
di Mauro Evangelisti
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Lunedì 6 Maggio 2024, 00:46 - Ultimo aggiornamento: 7 Maggio, 08:35

Al Cairo, nel secondo giorno di trattative, gli israeliani non sono andati. La delegazione di Hamas ha incontrato i mediatori egiziani e qatarini. Nel tardo pomeriggio è tornata a Doha spiegando con un comunicato diffuso da Al Jazeera: «Abbiamo consegnato la risposta del gruppo ai fratelli mediatori di Egitto e Qatar. Si sono tenuti colloqui approfonditi e seri». La delegazione di Hamas sarà di nuovo al Cairo domani, il tavolo dunque non è saltato. Anche il capo della Cia, William Burns, è giunto ieri a Doha per incontrare il premier del Qatar Mohammed Bin Abdul Rahman al-Thani e favorire l’intesa tra Israele e Hamas. Burns prima era stato al Cairo. La bozza dell’intesa è articolata ma sostanzialmente prevede in tre fasi la liberazione di 3 ostaggi al giorno (partendo dalle donne) in cambio di 20 prigionieri palestinesi per ognuno di loro. L’Idf sospenderebbe gli attacchi per 40 giorni, ritirandosi dalle aree popolate e vicine al confine della Striscia. Secondo una fonte, citata ieri sera da Times of Israel, Hamas potrebbe accettare che lo stop dei combattimenti parta solo in una seconda fase.

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DISTANZE

Sempre ieri però sono ci sono stati alcuni avvenimenti che hanno allontanato la possibilità di una tregua, che salverebbe vite umane tra i civili palestinesi e consentirebbe agli ostaggi israeliani nelle mani dei terroristi da sette mesi di tornare casa. Benjamin Netanyahu, primo ministro dello Stato ebraico, in un video ha spiegato: «È Hamas che impedisce un accordo per il rilascio degli ostaggi. Continueremo a combattere fino al raggiungimento di tutti i nostri obiettivi. Nel corso dei negoziati Israele ha dimostrato la sua volontà di fare molta strada. Un lungo cammino che il segretario di Stato Usa Blinken e altri hanno definito “straordinariamente generoso”. Ma mentre Israele ha mostrato questa volontà, Hamas è rimasta trincerata nelle sue posizioni estreme, prima fra tutte quella del ritiro di tutte le nostre forze dalla Striscia, ponendo fine alla guerra. E lasciando Hamas intatta». Sintesi: Hamas non rinuncia agli ostaggi senza avere in cambio lo stop alla guerra (che significa salvare i civili ma anche i miliziani che sono nascosti a Rafah); Israele non è disponibile a fermarsi, anche se questo ridurrà la speranza di salvare gli ostaggi e causerà ancora molti morti tra i civili palestinesi. Ieri sera Netanyahu ha preso parte allo Yad Vashem a Gerusalemme alla cerimonia ufficiale che commemora il Giorno della Shoah. E ha aggiunto: «Gli assassini di Hamas sono guidati dagli stessi obiettivi dei nazisti ma ora abbiamo gli strumenti per difenderci».

Ancora: il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, parlando con l’Idf (le forza armate), ha detto apertamente: «L’operazione a Rafah inizierà presto. Volevamo ottenere rapidamente il rilascio degli ostaggi fermando le nostre operazioni. Stiamo vedendo segnali preoccupanti secondo cui Hamas non intende raggiungere un accordo». Non sembra lo scenario che favorisce una tregua. Appare evidente, però, che la minaccia di una operazione di terra a Rafah può anche essere un’arma di pressione sulla leadership dell’organizzazione palestinese.

Ma l’attacco a Rafah, l’ultimo spicchio, nel sud della Striscia, in cui si è rifugiato quasi un milione e mezzo di palestinesi, acuirà l’isolamento di Israele e le distanze con gli alleati. Ieri il sito Axios ha rivelato che il presidente Usa, Joe Biden, ha sospeso l’ultima fornitura di munizioni, secondo quanto confidato da alcune fonti israeliane. Scrive il sito americano: «È la prima volta dall’attacco del 7 ottobre che gli Stati Uniti bloccano una spedizione di armi destinata all’esercito israeliano. L’incidente ha sollevato serie preoccupazioni all’interno del governo». Anche il presidente francese Macron ha chiamato Netanyahu chiedendogli di proseguire i negoziati e di non ordinare l’attacco a Rafah. Ma Netanyahu ripete: se non distruggiamo Hamas, un nuovo 7 ottobre «sarà solo una questione di tempo».

IL BLITZ

Un’altra mossa di Israele ha causato preoccupazioni: il governo ha votato all’unanimità la sospensione di tutte le attività in Israele di Al Jazeera, la tv all news del Qatar. È stata applicata una legge che consente di bloccare le trasmissioni di un canale televisivo se si ritiene che mettano a repentaglio la sicurezza nazionale. La polizia israeliana ha effettuato un blitz nella sede di Gerusalemme Est. Da ieri Al Jazeera non trasmette più in Israele. L'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha commentato: «Media liberi e indipendenti sono essenziali per garantire trasparenza e responsabilità. Ora ancora di più date le rigide restrizioni sulle notizie da Gaza. La libertà di espressione è un diritto umano fondamentale. Esortiamo il governo israeliano a revocare il divieto». Con le trattative in bilico, la guerra non si ferma. Ieri sera l’Idf e l'agenzia di sicurezza Shin Bet hanno spiegato: abbiamo compiuto un raid nel centro di comando e controllo di Hamas all'interno del complesso dell'Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi). E ieri da Rafah, sempre secondo quanto riferito dall’Idf, sono stati lanciati una decina di razzi. Tre soldati morti, dieci i feriti, in risposta Israele ha chiuso il valico di Kerem Shalom.

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