Protesi d’anca, nuove tecniche al servizio del paziente

Contenuto a cura di Piemme SpA Brand Lab in collaborazione con DOTT. LUCA GARRO

L'artroprotesi d'anca è un intervento chirurgico in cui viene sostituita l'articolazione dell'anca danneggiata con una protesi artificiale. L'articolazione dell'anca è costituita dalla testa femorale, che si trova all'estremità superiore del femore e dall’acetabolo, che è una cavità naturale del bacino. Quando l'articolazione dell'anca è danneggiata da malattie come l'artrosi, l'artrite reumatoide o lesioni traumatiche, può causare dolore e limitare la mobilità dell'individuo determinando uno scadimento della qualità della vita.

Durante l'intervento di artroprotesi d'anca, l'articolazione danneggiata viene rimossa e sostituita con una protesi artificiale. La protesi è composta da una testa femorale in metallo o ceramica, che sostituisce la testa del femore, e una coppa acetabolare in metallo, ceramica o polietilene, che sostituisce la cavità acetabolare. Queste componenti protesiche sono fissate all'osso utilizzando cemento chirurgico o mediante materiali di rivestimento delle componenti metalliche che garantiscono una "osteo integrazione" (l'osso cioè cresce attorno alla protesi per ancorarla saldamente).

L'artroprotesi d'anca è un intervento chirurgico molto comune e ha dimostrato di essere efficace nel ridurre il dolore e ripristinare la funzionalità dell'anca tanto da divenire uno degli interventi più eseguiti in assoluto della chirurgia.

Negli Stati Uniti, ad esempio, secondo i dati del National Hospital Discharge Survey, nel 2022 sono state eseguite circa 500.000 protesi totali d'anca. Questo numero è aumentato nel corso degli anni, riflettendo l'invecchiamento della popolazione e l'aumento della domanda di interventi di sostituzione dell'anca. In Europa, secondo il Registro delle protesi ortopediche dell'Unione Europea (EPRD), nello stesso anno sono state effettuate circa 550.000 protesi totali d'anca. Anche in questo caso, il numero di interventi è aumentato rispetto agli anni precedenti. Secondo i dati della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (Siot), in Italia vengono impiantate ogni anno circa 100.000 protesi d'anca, poco più di 85.000 di ginocchio e circa 15.000 tra spalla, gomito e caviglia

E' al Nord e su donne che si eseguono la maggior parte degli interventi. Negli ultimi anni il boom di interventi per l'impianto di artroprotesi non riguarda solo gli anziani, ma anche i giovani (<60 anni), tra i quali l'aumento è stato del 145% per le protesi di anca.

Tra le complicanze maggiormente temute dai clinici e dai pazienti vi è senza dubbio l’instabilità dell’impianto, cioè la lussazione della protesi.

 

Come si può evitare o quantomeno abbattere la possibilità di lussazione della protesi lo chiediamo al Dott. Garro, chirurgo protesico presso la Casa di Cura Villa Betania di Roma.

"Sono due i fattori principali da tenere in considerazione per limitare il rischio di lussazione: l’utilizzo di un accesso chirurgico con tecnica mininvasiva “muscle sparing” (cioè a risparmio del tessuto muscolare) come l’accesso anteriore, che non prevede sezioni muscolari e l’utilizzo di un dispositivo antilussante come il cotile a doppia mobilità."
 

Cosa si intende per protesi a doppia mobilità nella chirurgia protesica dell'anca?

"In una protesi a doppia mobilità, l'articolazione dell'anca viene ripristinata attraverso l'uso di due superfici mobili. La protesi a doppia mobilità è costituita da uno stelo femorale in metallo, che viene inserito nel canale del femore, da una componente acetabolare in metallo, che viene inserita nella cavità cotiloidea dell'anca, e un inserto intermedio in polietilene ad altissima resistenza tra queste due componenti. L'inserto è caratterizzato da una doppia articolazione: una tra l'inserto stesso e la componente metallica acetabolare e un'altra tra l'inserto e la testa femorale generalmente in ceramica.

Questo sistema a doppia mobilità offre diversi vantaggi. Innanzitutto, la doppia articolazione aumenta la gamma di movimento dell'anca, consentendo una maggiore flessibilità e facilitando le attività quotidiane. Inoltre, il maggior range di articolarità riduce il rischio di lussazione della protesi, poiché l'articolazione può essere mobilizzata oltre il normale arco di movimento.

È importante però sottolineare che l'impiego della protesi a doppia mobilità deve essere valutato caso per caso dal chirurgo ortopedico, tenendo conto delle specifiche condizioni del paziente, delle sue esigenze e dei potenziali rischi e benefici associati a questa tecnica. Solo un medico specializzato può fornire una consulenza adeguata e consigliare la scelta più appropriata per il paziente."
 

Per quale tipo di paziente è indicata la protesi d'anca a doppia mobilità?

"La protesi d'anca a doppia mobilità può essere indicata per diversi tipi di pazienti, in particolare per coloro che presentano uno o più dei seguenti fattori:

Pazienti ad alto rischio di lussazione: La doppia mobilità può ridurre il rischio di lussazione della protesi nell'anca. Pertanto, questa tecnica è spesso preferita per pazienti con una storia di lussazioni ricorrenti o che presentano condizioni anatomiche (ad esempio displasia dell’anca) o muscolari (ad esempio patologie neurologiche croniche) che aumentano il rischio di instabilità.

Pazienti anziani: Gli anziani possono trarre vantaggio dalla protesi a doppia mobilità in quanto offre una maggiore stabilità e un miglioramento della funzionalità. L'aumento della flessibilità articolare consente loro di svolgere le attività quotidiane in modo più sicuro e confortevole.

Pazienti con fratture dell'anca: In caso di frattura dell'anca, la protesi a doppia mobilità può essere utilizzata per ripristinare la stabilità articolare e consentire una rapida ripresa della funzione dell'anca. Questa tecnica può essere particolarmente utile per le fratture instabili o nelle situazioni in cui è necessaria una ricostruzione più complessa.

Tuttavia, è importante sottolineare che la scelta della protesi d'anca a doppia mobilità dipende dalle specifiche condizioni del paziente, dall'età, dal livello di attività, dalle aspettative individuali e dalla valutazione clinica del chirurgo ortopedico."
 

E’ una tecnica applicabile anche ai pazienti più giovani? Quali sono i risultati in questa fetta di popolazione?

"La protesi d'anca a doppia mobilità può offrire risultati positivi anche nei pazienti giovani. Tuttavia, è importante considerare diversi fattori per valutare i risultati a lungo termine in questa categoria di pazienti.  La più ampia articolarità garantisce una maggior stabilità articolare nei pazienti giovani, che possono essere più attivi e sottoposti a sollecitazioni articolari intense.

La migliore flessibilità articolare e un maggiore range di movimento dell'anca possono favorire il recupero funzionale e migliorare la qualità della vita nei pazienti giovani, consentendo loro di riprendere le attività quotidiane e sportive.

La durata della protesi d'anca a doppia mobilità nei pazienti giovani può variare. Tuttavia, studi a lungo termine hanno dimostrato che i risultati possono essere promettenti, con tassi di sopravvivenza dell'impianto che sono confrontabili o addirittura superiori ad altre tipologie di protesi.

È importante notare che i risultati della protesi d'anca a doppia mobilità nei pazienti giovani dipendono da molteplici fattori, come l'età, il livello di attività, l'adesione alle raccomandazioni post-operatorie e la corretta selezione dei pazienti. La consulenza di un chirurgo ortopedico specializzato può aiutare a valutare i potenziali benefici e i rischi associati all'utilizzo di questa tecnica nei pazienti giovani.

Per un giorno Roma sarà il centro d’Europa nella chirurgia dell’anca. Sabato 27 maggio infatti, presso l’Hotel Villa Pamphili, si terrà il Rome Dual Mobility International Conference, corso internazionale dedicato a questa particolare tecnica chirurgica.

Il congresso vedrà la partecipazione di numerosi ospiti nazionali ed internazionali, veri e propri 'star surgeons' come i Prof. Heinz Roettinger da Monaco di Baviera, Manel Ribas dell’Ospedale Universitario Dexeus di Barcelona, il Prof. Remi Philippot dell’Università di Saint-Etienne, i Prof. Wegrzyn ed Ullmark provenienti rispettivamente dalle università di Losanna e Stoccolma. L’incontro - aggiunge il Dott. Garro, presidente del corso - è dedicato ai chirurghi ortopedici, medici fisiatri e fisioterapisti che vogliono approfondire la loro conoscenza sull’argomento; si parlerà infatti di scienza di base, utilizzo attuale, nuove frontiere e nuove tecnologie da applicare alla pratica chirurgica quotidiana per migliorare i risultati e la soddisfazione del paziente, che resta la figura più importante, centrale, del nostro lavoro.”