Infarto, cos'è il rischio cardiovascolare residuo? Le linee guida su stent e pazienti oncologici

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Mercoledì 6 Marzo 2024, 16:06 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 08:59

In un'epoca in cui le malattie cardiovascolari continuano a rappresentare una delle principali cause di mortalità a livello globale, le novità introdotte dalle ultime linee guida della Società Europea di Cardiologia sulle sindromi coronariche acute segnano un punto di svolta significativo nel campo della cardiologia. A tal proposito, abbiamo avuto l'opportunità di parlare con il dottor Leonardo De Luca che da poco ha assunto la prestigiosa posizione di Direttore della Struttura Complessa di Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia.

Quali sono le principali novità introdotte dalle ultime linee guida della Società Europea di Cardiologia sulle sindromi coronariche acute?

Le ultime linee guida della Società Europea di Cardiologia segnano un importante cambiamento nell'approccio alle sindromi coronariche acute, o infarti, trattandole come un unico fenomeno anziché suddividerle in base al tipo di manifestazione evidenziata all'elettrocardiogramma, come l'infarto con sopra-slivellamento del tratto ST (più severo) e senza. Questa unificazione semplifica la gestione dei pazienti, unificando i criteri per la terapia farmacologica post-evento e alcune pratiche intra-ospedaliere. Inoltre, vengono introdotte novità tecniche riguardanti la tempistica per la coronarografia e l'uso di terapie anti-trombotiche durante e dopo l'evento acuto, migliorando così la comodità e l'efficacia del trattamento per i cardiologi.

Cos'è il rischio residuo cardiovascolare?

Si riferisce alla probabilità che un paziente sviluppi nuovi eventi cardiovascolari maggiori, come infarti, ictus, angina o eventi fatali, dopo aver già subito un primo evento acuto, nonostante segua una terapia farmacologica e non farmacologica ottimale. Questo rischio persiste anche dopo un buon trattamento dell'evento acuto e l'adozione di misure preventive, come farmaci per il controllo del colesterolo, della glicemia, l'astensione dal fumo e il miglioramento dello stile di vita. Esiste una quota di pazienti che, nonostante tutte le terapie disponibili, continua a sperimentare eventi cardiovascolari ricorrenti. Questo evidenzia l'esistenza di un "rischio residuo" che non è completamente eliminabile con le attuali strategie di trattamento.

Quali sono le indicazioni per la gestione dei pazienti oncologici con rischio cardiovascolare?


Le linee guida della Società Europea di Cardiologia hanno introdotto raccomandazioni specifiche per la gestione dei pazienti oncologici che sviluppano un infarto miocardico acuto, considerando le particolari esigenze di questa categoria. La gestione ospedaliera di questi pazienti è simile a quella dei non oncologici, ma con attenzione particolare alla terapia antitrombotica, data la maggiore fragilità e il rischio emorragico più elevato. Si sottolinea che i pazienti oncologici tendono a ricevere meno frequentemente terapie invasive come la coronarografia o l'angioplastica. Le nuove linee guida raccomandano l'adozione di una strategia invasiva simile a quella dei pazienti senza tumore attivo, per quelli con una buona prognosi (superiore a sei mesi). Inoltre, si consiglia attenzione ai farmaci antitumorali che possono scatenare l'infarto, suggerendo la possibilità di sospendere temporaneamente questi farmaci in caso di correlazione diretta con l'evento cardiaco, valutando una modifica della terapia antitumorale in un contesto multidisciplinare.

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