Vaticano, canonisti in rivolta: «Nel tribunale del Papa non c'è giusto processo». E si allunga lo spettro della Corte Europea

Per Geraldina Boni e altri canonisti persino i famosi quattro Rescripta del Papa sono "invalidi".

Vaticano, canonisti in rivolta: «Nel tribunale del Papa non c'è giusto processo». E si allunga lo spettro della Corte Europea
di Franca Giansoldati
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Lunedì 18 Marzo 2024, 10:45 - Ultimo aggiornamento: 19:38

«Deriva giustizialista», «zone d'ombra», «bizzarre asserzioni frutto di incompetenza canonica» da parte dei magistrati del Papa che si ripercuotono poi drammaticamente sul modo di amministrare la giustizia nel piccolo Stato pontificio. Tutto questo mette in discussione «i principi del giusto processo» legati «direttamente al diritto divino naturale», complicando di conseguenza gli obblighi vaticani nella comunità internazionale con «rischi concreti per lo Stato pontificio stesso». Un terremoto di questa portata - mai visto in nessun pontificato moderno – viene denunciato dal mondo accademico, dai giuristi, dagli storici della Chiesa, dai canonisti. «Il monarca non è certamente legibus solutus sia in ragione della centralità dello ius canonicum nella economia giuridica italiana, sia per la natura e i fini del Vaticano in relazione alla Santa Sede». Il primo canonista a romprere gli argini è stato il professor Paolo Cavana della Lumsa. Ora lo seguono a ruota i canonisti dell'Alma Mater Studiorum di Bologna.

Si intitola “Il processo del secolo e le violazioni di diritto” il monumentale studio firmato dalla autorevole canonista, Geraldina Boni, professoressa ordinaria di Diritto ecclesiastico a Bologna e dal 2011 consulente del pontificio Consiglio per i testi legislativi, assieme a altri due professori di diritto ecclesiastico e canonico Manuel Ganarin e Alberto Tomer. Il testo integrale è stato pubblicato su “Stato, Chiese e pluralismo confessionale”, la rivista scientifica di riferimento a livello internazionale per tutti i canonisti, i giuristi, i professori delle maggiori università. Una sorta di 'bibbia' per chi si occupa di diritto canonico.

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Al centro dell'analisi c'è il modo in cui è stato portato avanti il processo Becciu, partito dalla disgraziata compravendita del palazzo di Londra, e terminato – dopo vari colpi di scena, situazioni ingarbugliate e proteste continue da parte delle difese che non sarebbero state messe in condizioni di affrontare alla pari l'accusa – con la condanna di nove dei dieci imputati, lasciando dietro di sé una montagna di carta e tante perplessità di natura tecnica. «Una vicenda che potrebbe confinare la Santa Sede ai margini della comunità internazionale a motivo della violazione di precisi obblighi pattizi, fra tutti quelli sanciti dalla Convenzione monetaria per l'Unione del 2009 e comunque di quel nucleo di valori e princpi che accomunano le legislazioni e le prassi processuale degli Stati di diritto» si legge nello studio firmato Geraldina Boni-Ganarin-Tomer. 

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Il punto di rottura secondo gli esperti di diritto canonico interpellati sono stati i quattro Rescripta concessi da Papa Francesco in via riservata al Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi in un arco temporale che va dal 2019 al febbraio 2020.

La notizia di questi atti straordinari che hanno permesso ai pm di agire in modo eccezionale e senza limiti, una sorta di «carta bianca», è arrivata solo a processo in corso, «a grave discapito della posizione processuale dei soggetti coinvolti». Intercettazioni, uso di tecnologie per svolgere le indagini, uso senza limiti dei documenti sequestrati. Gli accademici etichettano questa deriva come «giustizialista. E' assai preoccupante perché finisce per giustificare qualsiasi condotta e qualsiasi uso del potere sovrano al fine della ricerca del colpevole a ogni costo (…) accentuando il divario tra le parti». Come dire che il giusto processo è andato a farsi benedire. 

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Non solo. «Le anomalie sono state così vistose da avere inficiato la giustizia complessiva del processo, prospettando una violazione del diritto divino, cui anche il Papa soggiace, in alcun modo rimediabile: violazione insanabile che preclude a priori l'apporto sanante di rimedi perequativi sopravvenuti, ancorché previsti nel codice di rito, in questo caso recessivo rispetto alla fonte normativa superiore» annota Boni, sottolineando l'uso arbitrario del potere. 

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I famosi Rescripta a detta dei canonisti, alla luce delle considerazioni fatte, vengono definiti «invalidi e privi di carattere normativo» per due ragioni, primo perché «“si sono rivelati ingiusti, irrazionali essendo stati posti in spregio della legalità processuale (…) del giusto processo, in secondo luogo perché (…) hanno favorito le attività d'indagine svolte dalla accusa in relazione a un solo iter penale nei confronti di persone determinate ledendo irrecuperabilmente i loro diritti». 

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Il lunghissimo studio analizza come il diritto canonico “sia stato strapazzato e manomesso” da numerose interpretazioni “stravaganti” con l'effetto di isolare ancora di più il piccolo stato pontificio. Non è stata solo la politica tesa a snaturare il diritto canonico ma pure il fatto che “in qualsiasi altro stato democratico, rivelando una eclatante anomalia, avrebbe azzerato l'intero procedimento penale” ma nello Stato della Città del Vaticano l'operato del promotore di Giustizia, Alessandro Diddi “non è stato scalfito neppure di un millimetro”. L'ombrello della “autorità pontificia in questa ottica è reputato magicamente in grado di legittimare tutto. Vengono anche passate in rassegna le decisioni di Papa Francesco di riformare la Cassazione vaticana con nomine che imporrebbero un cambiamento di rotta per gli evidenti conflitti di interessi. “Designazioni inappropriate” sia perchè i cardinali nominati non hanno un titolo di studio in materie giuridiche o il dottorato in diritto canonico (i cardinali Joseph Farrell, Matteo Zuppi, Paolo Lojudice, Mauro Gambetti), sia perchè per alcuni di loro (Farrell e Zuppi) hanno accumulato diversi incarichi “facendo profilare all'orizzonte ipetesi di inucompativit con conseguente obbligo di astenzione da parte del giudice interessato”. Una “plumbea coltre di sospetto pare aleggiare nel microsistema della giustizia del Papa”. Senza contare gli aumenti di stipendio e i trattamenti che sono stati riservati ai magistrati subito dopo il processo del secolo: “Ciò che sorprende è la tempistica”. 

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