Strage di Cisterna, i consulenti: «Capasso poteva essere fermato»

Il processo ai due medici che diedero l'idoneità al carabinieri per la restituzione dell'arma

Luigi Capasso (a destra) durante il dialogo con il negoziatore I carabinieri davanti al palazzo. A destra il colonnello Vitagliano
di Elena Ganelli
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Venerdì 3 Maggio 2024, 01:15

L’UDIENZA

«Quella diagnosi che ha determinato il certificato di idoneità all’uso dell’arma di ordinanza è stata azzardata e non priva di conseguenze: una decisione di altro genere avrebbe potuto orientare una diversa gestione del caso». In sostanza se all’appuntato dei carabinieri Luigi Capasso non fosse stata restituita la pistola probabilmente il 28 febbraio 2018 a Cisterna non avrebbe prima ferito la moglie Antonietta Gargiulo, ucciso le figlie Alessia e Martina di 9 e 13 anni per poi togliersi la vita. E’ la conclusione cui è arrivato uno dei tre componenti del collegio dei periti della Procura nell’udienza del processo a carico di Quintilio Facchini e Chiara Verdone, i medici – difesi dagli avvocati Orlando Mariani e Luciano Lazzari e Carlo Arnulfo - che diedero il nulla osta grazie al quale il militare ottenne nuovamente l’uso dell’arma chiamati a rispondere di omicidio colposo.

Nella lunga udienza di ieri protrattasi fino al pomeriggio, davanti al giudice monocartico Enrica Villani, le testimonianze dei consulenti hanno ricostruito la storia clinica di Capasso mettendo in luce le «caratteristiche border line e gli evidenti disturbi da stress» dell’uomo, che peraltro erano emerse già dal 2006 quando i conflitti con la moglie ancora non c’erano ma nei suoi confronti l’Arma dei carabinieri aveva già adottato una sospensione disciplinare e c’era una prima diagnosi di ""anomalie comportamentali e crisi ansiose».

Il degenerare del rapporto con la Gargiulo e poi la decisione di lei di separarsi ha soltanto aggravato tali aspetti della sua personalità. A raccontare la violenza all’interno delle mura domestiche prima dell’allontanamento da casa è stata nella prima parte dell’udienza la più stretta amica della moglie, testa chiamata dai pubblici ministeri Daria Monsurrò e Giuseppe Bontempo, che ha spiegato tra le lacrime come l’appuntato picchiasse non soltanto la donna ma anche le due bambine che erano terrorizzate dal padre. ""Avevano paura di lui – ha ricordato – e una volta le ho trovate in casa che piangevano abbracciate».

E quando la Gargiulo avviò la separazione mandandolo via da casa lui, era novembre 2017, chiese di poter alloggiare in caserma, richiesta che fu oggetto di valutazione da parte dei suoi superiori.

Un paio di mesi prima c’era stata un’aggressione verbale alla moglie davanti ad alcuni testimoni della quale i superiori erano stati informati. «Nei suoi due periodi critici – ha spiegato in aula un altro consulente – è emersa l’esistenza di anomalie psichiche, quelle di una persona incline a mentire e dissimulare. Tanto da essere sottoposto a valutazioni cliniche e psichiatriche e da essere stato in cura da diversi specialisti si indicazione dei quali assumeva psicofarmaci».

Ma a novembre 2017 la dottoressa Verdone, medico militare presso il servizio di infermeria del presidio di Velletri compila un certificato che lo definisce «soggetto calmo», mentre il medico di famiglia Facchini, che conosceva la sua storia clinica e familiare e addirittura gli aveva consigliato «un percorso di fede cristiana», non rileva patologie particolari. E così l’appuntato torna in possesso della sua arma di ordinanza dopo appena otto giorni. E’ idoneo ad averla. E l’ha utilizzata poche settimane dopo per compiere una strage.

Il processo è stato aggiornato al 20 giugno quando saranno ascoltati alcuni carabinieri, tra cui quelli con cui Capasso era in servizio.

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