Parole che però non attenuano la reazione negativa dei sindacati che proprio oggi l'azienda aveva già in programma di incontrare a Taranto. Per lunedì prossimo 10 giugno inoltre è stato convocato il tavolo al Mise per fare il punto sull'attuazione dell'intesa siglata a settembre scorso. «È una decisione grave, einopportuna. L'azienda la ritiri» ammonisce il segretario Uilm, Rocco Palombella. Che aggiunge: «Siamo consapevoli che esiste un problema di riduzione della produzione di acciaio in Europa provocata dalla crisi dell'auto e non solo, ma anche per effetto dell'importazione di acciaio da Paesi terzi, Turchia e Cina in particolare, tuttavia chiediamo ad ArcelorMittal di mantenere inalterati i livelli produttivi previsti dal piano, come dall'accordo stipulato il 6 settembre 2018 al ministero dello Sviluppo economico».
LE VERIFICHE
All'accordo firmato al Mise fa riferimento anche il numero uno Cisl, Annamaria Furlan: «Arcelor Mittal deve rispettare laccordo firmato. Cè troppa disinvoltura nel Paese nel fare accordi e non rispettarli. Serve da una parte unazione più forte di politica industriale, visto che manca una visione, e dallaltra più responsabilità da parte delle imprese». Grande la preoccupazione in casa Fiom: dallo stabilimento di Genova si parla di «brutto segnale», mentre la leader nazionale Francesca Re David annuncia battaglia a Roma: «Chiederemo una verifica sullattuazione dell'accordo sottoscritto in merito alle strategie industriali e produttive e agli investimenti sul risanamento ambientale». E intanto il numero uno Uil, Carmelo Barbagallo, riferendosi anche al comportamento di altre multinazionali (Whirlpool ad esempio) chiede al governo di intervenire con un decreto apposito: «ArcelorMittal si muove sulla scia dei comportamenti delle multinazionali che fanno shopping e poi non rispettano gli accordi. Bisogna imbrigliare questo atteggiamento . E questo lo deve fare il governo con le leggi e le norme: faccia un decreto legge per far pagare i danni a chi ha usufruito di agevolazioni e poi fa quello che gli pare». La decisione della cassa integrazione a Taranto per 1400 dipendenti (su 8.200) fa seguito a quelle ancora più drastiche prese dal colosso mondiale dell'acciaio ArcelorMittal in altri stabilimenti europei: lo stop della produzione (anche questo temporaneo) annunciato il 6 maggio nello stabilimento di Cracovia in Polonia e in quello delle Asturie in Spagna per ridurre di 3 milioni di tonnellate la produzione di acciaio. Poi a fine maggio sempre a causa dei «deboli livelli di domanda» il gruppo ha annunciato un ulteriore taglio della produzione europea con il coinvolgimento degli altiforni di Dunkirk (Francia), Eisenhüttenstadt (Germania) e Bremen (Germania).
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