«Un tempo lavoravo solo le cose mie e lasciavo da parte quelle dell'ufficio. Ora non riesco a lavorare i ca...i miei. Questa è la tragicità della cosa». Nel "mondo al contrario" dei pubblici ufficiali infedeli, si può arrivare al paradosso di lamentarsi delle mansioni per le quali si viene retribuiti dallo Stato perché sottraggono tempo alla cura delle attività illecite coltivate sfruttando e abusando del proprio ruolo nella pubblica amministrazione.
L'intercettazione
Questa intercettazione è contenuta nell'ordinanza di custodia cautelare che oggi ha portato agli arresti domiciliari tre funzionari dell'Agenzia delle Entrate di Roma, un quarto dipendente (ora in pensione) avrà invece l'obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria. I reati contestati dal pm della Procura capitolina Carlo Villani sono, a seconda delle posizioni, corruzione e accesso abusivo a sistema informatico.
Cosa è successo
Gli investigatori della Squadra mobile hanno scoperto un rodato sistema attraverso cui i tre funzionari corrotti - impiegati presso gli Uffici dell'Agenzia delle Entrate di Roma 3 e Roma 4 - asservivano la propria pubblica funzione agli interessi di alcuni professionisti del settore contabile, in cambio di compensi in denaro che andavano dai 50 ai 750 euro o pagamento di pranzi al ristorante. Offrivano una sorta di consulenza fiscale, facendo ottenere sgravi o una corsia privilegiata nelle pratiche, grazie anche all'accesso abusivo all'Anagrafe tributaria. «I 10mila te li ho sgravati tutti eh... ci ho messo una vita però ci sono riuscito», diceva sempre Riccardo Cameo (uno dei tre funzionari dell'Agenzia delle Entrate finiti ai domiciliari) a un suo ex collega che si era messo a procacciargli clienti. Poi si lamentava della mole di lavoro che faceva in cambio di tangenti: «Sono stanchissimo. Poi vai sopra, un sacco di pratiche, un sacco di gente che mi deve pagare e che ancora non mi paga... quindi mo andiamo in settimana bianca».