«Decideva tutto lui e non voleva parlare con me del tumore. E non andava volentieri dai medici». Incertezze, molti non so o non ricordo nel lungo esame, davanti alla Corte di assise di Latina, di Gabriela Blazewicz, 61enne di origini polacche chiamata a rispondere di omicidio con dolo eventuale e maltrattamenti del marito Bruno Vaccarini, deceduto nel marzo 2019 a 60 anni.
L'accusa
Secondo l’accusa, rappresentata in aula dal procuratore della Repubblica Giuseppe De Falco, la donna avrebbe nascosto al marito la gravità delle sue condizioni di salute – gli era stato diagnosticato un tumore ai polmoni - non facendolo sottoporre ad alcun accertamento per avere una diagnosi e poi lo avrebbe fatto curare da un medico di Perugia con farmaci inefficaci - prodotti oppiacei e derivati dalla cannabis - provocando intenzionalmente la sua morte.
L'intervento dei figli
Alla fine erano intervenuti anche i figli che fino ad allora non erano stati informati delle condizioni di salute del padre. Erano stati loro a farlo ricoverare all’Ifo del Regina Elena di Roma ma la situazione ormai era degenerata e a marzo 2019 Vaccarini era morto, non prima di avere denunciato la moglie per avere accelerato l’avanzare del tumore e non averlo fatto assistere adeguatamente. La donna avrebbe anche approfittato delle precarie condizioni del marito per effettuare a sua insaputa alcuni prelievi dal suo conto corrente per circa 70mila euro un paio di mesi prima della sua morte. Fatti che la donna in aula ha cercato di smentire con un racconto incerto e pieno di contraddizioni. «Era lui a non volersi curare e a preferire altri medicinali e non voleva l’intervento, così come aveva rifiutato di fare ulteriori accertamenti e vietato di riferire ai figli delle sue condizioni».
Ha dichiarato per poi aggiungere che quando il medico gli aveva detto che senza operazione sarebbe morto lei aveva insistito facendogli capire che la situazione era grave. «Nonostante le documentazioni mediche e i solleciti di accertamenti e biopsia perché non è stato fatto niente, perché solo a dicembre 2018 si è deciso a farsi la biopsia» ha incalzato il pubblico ministero. Ma anche in questo caso la donna ha risposto che il marito non aveva dolori e che è stata una sua scelta di non approfondire. Ha negato anche di avere espresso la sua contrarietà all’operazione in un colloquio con il medico di famiglia e ha accusato i figli di averla minacciata: ci sarebbero loro, a suo avviso, dietro la decisione dell’uomo di denunciarla. Il processo è stato aggiornato al 10 giugno per la discussione e la sentenza.