Muay Thai, a 21 anni sceglie la disciplina più rischiosa: «Ma con lo sport evito di sbagliare»

Roberto Bobby Ignat combatterà il 18 maggio a Milano nell'evento organizzato da Petrosyan: a luglio volerà in Thailandia

Muay Thai, a 21 anni sceglie la disciplina più rischiosa: «Ma con lo sport evito di sbagliare»
di Marco Pasqua
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Giovedì 2 Maggio 2024, 19:53 - Ultimo aggiornamento: 21:02

Sempre più giovani si stanno avvicinando alle arti marziali, nelle loro diverse declinazioni. Un fenomeno alimentato anche dai social e dalle esperienze vissute dai diverse fighter all'estero, dall'America alla Thailandia, che le documentano sui vari Instagram o TikTok. Una disciplina, però, vanta pochissimi appassionati: è la Muay Boran, che è il diretto progenitori della Muay thai. Tra i pochi a praticarla c'è un ragazzo di 21 anni, di Pescia (Pistoia), Roberto Ignat detto anche Bobby Superstar. E il perché sia uno dei pochi è spiegato con le foto degli incontri che ha disputato: alle mani, al posto dei guantoni, ha dei bendaggi. Il che spiega come mai i colpi possano avere conseguenze ben più pesanti di quelli della boxe o delle Mma. Ora Ignat tornerà nuovamente a combattere, ma nella disciplina del K1, a Milano, durante l'evento “Petrosyan Mania”.

UNA SFIDA CONTINUA

«Non è facile trovare degli avversari che accettino la sfida a Muay Boran – racconta Ignat, che si allena al Team Petrosyan academy, a Pescia, con il maestro Anthony Bertei – l'ultima volta mi ero preparato e poi il mio avversario ha dato forfait per problemi fisici».

Petrosyan e il suo staff hanno da subito creduto in lui, forse perché hanno percepito la voglia di emergere. Da quando, a 16 anni, ha iniziato a praticare la Muay Borat, dopo alcuni incontri di pugilato (dove è stato campione regionale esordienti), e dopo un passaggio per la kick. «So che puo' sembrare paradossale, ma ho scelto questa disciplina perché il male fisico contribuisce a coprire il dolore mentale – spiega – Nonostante il dolore che si può provare in allenamento e nei match, ci consente di metterci in gioco». Ma sono in pochi a voler accettare questo genere di sfida, tanto che addirittura molti maestri sconsigliano di praticare questa arte. «Punto ad arrivare in alto – ammette il fighter – ma non per fare soldi, anche se ovviamente quello non mi dispiace. Io voglio poter dire di fare ciò che mi piace: voglio potermi svegliare la mattina e sapere che quello che faccio è una mia precisa scelta». Come tutti gli sportivi, deve affrontare una vita di sacrifici: due o tre ore di allenamenti al giorno, che possono aumentare a ridosso della gara.

«Vorrei fare di più – spiega – ma io purtroppo non riesco ancora a vivere di questo sport e, per questo, devo lavorare durante il tempo che mi rimane». Classe 2003, Roberto o Bobby, nasce a Roma e cresce tra Finocchio e Gallicano, salvo poi trasferirsi, a Prato e a Pescia. «Qui dove sto adesso – racconta – non c'è molto da fare per noi giovani. Questo sport ti aiuta a stare lontano dalla droga e dalla gente sbagliata. Ma, soprattutto, ha contribuito a donarmi un sogno, qualcosa per cui combattere». E allora ecco il suo prossimo obiettivo: sconfiggere a Milano, nella categoria dei 65 chili, il suo avversario, Saidi, particolarmente ostico poiché è imbattuto. «Lascio al mio allenatore la preparazione del match – dice – io non vedo video sui social, mi fido molto di chi mi guida. Io so solo che combatto per vincere». Dopo questo incontro, al di là del risultato, a luglio volerà in Thailandia, con l'amico Alessio Malatesta, per migliorare la sua tecnica, in un luogo dove la Muay Thai viene rispettata e seguita come il calcio in Europa. «Questi viaggi sono importanti perché ho la possibilità di allenarmi con persone preparate e più forti di me», racconta Ignat.

marco.pasqua@ilmessaggero.it

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