Jagermeister, come e dove nasce il terzo amaro più amato in Italia: dalla ricetta alle 56 erbe ai nuovi usi miscelati

Venerdì 19 Aprile 2024, 12:38 - Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 14:41

Nel cuore dell'headquarter di Wolfenbüttel

Nel cuore dell'headquarter di Wolfenbüttel, prima di aprire le porte dei laboratori che custodiscono gli alambicchi e le botti di quercia, c'è una lunga carrellata di cimeli come le magliette della Bundesliga che ebbero il logo (novità totale) per una lunga stagione, dal 1973 al 1987.

Negli anni Settanta compare il brand anche sulle auto da corsa della F1: alcuni modelli storici sono oggi conservati ed esposti in un piccolo e suggestivo hangar a metà tra il museo e l'officina meccanica la cui visita è imperdibile per gli appassionati di motori e di cultura industriale (notare: ci tengono, e visto che c'è un patrimonio così variegato di manufatti collaterali alle bottiglie che concorrono a tratteggiare l'identità del marchio, l'azienda di Wolfenbüttel ha anche un archivista). E prima di arrivare nelle aree dove si estraggono le essenze e poi si mettono a macerare, si scorrono decine di manifesti della campagna “Bevo Jagermeister perchè”.

In Italia, negli anni Novanta, aveva il volto di un enigmatico Raz Degan a cui lo spot ha offerto un trampolino inaspettato, mentre in Germania ha coinvolto migliaia di cittadini comuni, ciascuno dei quali offriva il proprio claim (divertente la signora bionda che confessa con lo sguardo complice: “Lo bevo perché amo le cose più semplici della vita: gli uomini”).

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